Theodor Kittelsen
Theodor Kittelsen
di Stefano Senesi
Egli rappresentava una dimensione perduta, la nostra infanzia. Oggi Kittelsen viene riconosciuto sia in Norvegia che all’estero come uno dei maggiori illustratori di favole e si ritiene che sia stato l’autore di molte delle più famose raffigurazioni contenute nella raccolta di fiabe popolari di Asbjørnsen e Moe. Kittelsen era estremamente sensibile e suscettibile, il suo carattere passionale e malinconico celava energie deleterie (come tutti i grandi) e del resto è capibile viste le lunghe lotte tenute durante la sua carriera per ottenere qualche riconoscimento.
Nato nella città costiera di Kragerø, si distinse presto a scuola per le sue doti artistiche ispirate soprattutto dal suo paese che offriva ottimi spunti. I suoi genitori non condividevano la sua passione, volevano imparasse un mestiere utile, quindi lo mandarono ad Arendal come apprendista orologiaio da un certo Stein. Il suo capo presto intuì il suo talento e lo spinse verso il suo destino che sembrava già segnato. Dimorò grazie alle raccomandazioni del gentile orologiaio, da uno degli uomini più abbienti di Arendal, Diedrik Maria Aall che divenne il mecenate che sostenne il giovane Kittlesen e che dopo qualche anno convinse lo stesso a frequentare l’Accademia di Belle Arti di Kristiania. Quello che sappiamo è che si distinse molto come studente a Monaco e che in seguito si sposò e che ebbe diversi figli. E tutto questo penso interessi poco il nostro lettore che vuole sapere più delle mere notiziuole da manualetto bibliotecario…
Il segreto per comprendere la magia di Kittelsen è la Norvegia. In un Europa sovrappopolata, la Norvegia è ancora il regno della natura. Nel folto delle sue immense foreste, il silenzio ha da sempre il sopravvento. Qui la vita moderna non conta. Il silenzio dinnanzi al ritmo vigoroso della Natura fa sì che l’uomo moderno, abituato a pensare in termini di ore e minuti, si senta impotente. Camminando per campi e foreste, Kittelsen vedeva esseri soprannaturali ovunque: nelle foschie sovrastanti gli acquitrini, nel crepuscolo che avvolge vecchi pini schiantati al suolo e negli abeti gocciolanti nei giorni di pioggia. La Natura che egli descrive è pura e mai doma e necessaria al suo genio che esige la Norvegia anche quando è lontano dalla patria: “Quello che mi strugge è il misterioso, romantico, e magnifico aspetto dei nostri panorami, ma se d’ora innanzi non riuscissi a combinare questo sentimento con un salubre studio della Natura, temo che mi incamminerò verso la stagnazione. Mi diventa sempre più chiaro quello che dovrò fare ed ho avuto molte ispirazioni – ma io devo, devo tornare a casa, altrimenti non produrrò nulla…”.
Si interessò alla piaga della peste nera che raggiunse la Norvegia nei secoli passati, con i soliti ed evocativi chiaroscuri, rendendo l’idea della malattia palpabile attraverso i suoi disegni. Non era raro infatti trovare per le piccole strade o nelle foreste resti umani abbandonati a se stessi, come in “Fattigmannen” se vogliamo citare un’opera di queste. Affascinato dal folclore locale e dalle sterminate foreste dedicò parte della sua vita alla leggenda del Troll, essere soprannaturale della Norvegia che non di rado ha espresso il lato oscuro dei norvegesi. La forza incontrollabile della natura, o la natura stessa che si presenta sotto forma di mostro, forse sono questi le risposte ai quesiti di fronte ai quali Kittelsen ci pone. Egli infatti aveva timore del folto dei boschi. Probabilmente il suo timore della vastità e del silenzio, sono “alcuni” degli elementi per capire il suo strano misticismo, ma non tutti…
Lo stesso tema del bosco, non è da considerarsi casuale, in quanto rappresenta una parte sacra del paesaggio, dove in tempi remoti si celebravano rituali e sacrifici alle divinità. Fu agli alberi che gli uomini fecero le loro prime offerte e dedicarono per la prima volta dei riti. Quando ancora non esisteva un altare, le offerte erano poste direttamente sui rami… Il primo santuario fu dunque il bosco in cui nulla era costruito. A perenne memoria di questo culto ancestrale resta agli uomini l’uso del bastone come insegna di comando, di potere e di concentrazione della forza. Dopotutto consideriamo che ogni tempio è un copia del più antico tempio costituito dalla natura stessa. Solo il monoteismo ha cercato (senza fortuna) di distruggere questo antico sapere, abbattendo foreste e luoghi di culto antichissimi e, come era intuibile, non ha potuto fare a meno di riadattare i vecchi simboli e costruire chiese su luoghi sacri ancestrali. I lavori di Kittelsen non passano inosservati davanti agli occhi della persona attenta e sensibile ai temi della paganità nordica. “Skogstroll”, come altre sue illustrazioni, rappresentano la foresta che “prende vita” sotto forma di gigantesco troll… con un occhio solo…
Il suo amore per le tradizioni ataviche e per il Nord hanno fatto di Kittelsen un personaggio in qualche modo scomodo, da arrivare al punto di chiuderlo in un cassetto, come si fa quando si vuol nascondere qualcosa di sporco all’arrivo di un ospite. E’ esattamente così! Alcune delle sue illustrazioni sono spesso accompagnate da brevi storielline scritte da lui stesso e spesso non se coglie il significato. Oggi è difficile rintracciare con certezza le origini di queste favole. Le leggende e le fiabe passano di paese in paese, di continente in continente. Ovunque mettono radici, vengono modificate, acquisendo colore locale e sfumature linguistiche diverse. Non è da escludere un retrogusto tutto pagano dietro alle sue opere e questo (secondo il mio parere) lo ha condannato al rogo.
La sua arte tende ad attrarci e allo stesso tempo “turbarci”. Kittelsen e le sue montagne, le sue visioni e gli esseri soprannaturali, dimostrano la fondatezza del suo convincimento che fosse meglio vivere da soli… ma non oltrepassò mai i margini della foresta, per paura di incontrare uno di quegli esseri fantastici che ci sono familiari grazie alle sue raffigurazioni.
Non voglio chiudere con la descrizione dei suoi ultimi giorni di vita, ma con le suggestive parole dell’artista stesso che accompagnano “Nøkken”, “Il Genio dell’’acqua”.
Il Genio dell’ Acqua
Il genio dell’acqua è astuto.
Gli umani sono le sue prede.
Quando il sole tramonta, state in guardia.
Potrebbe nascondersi nei fiori di ninfea,
così grandi e brillanti che vi verrà voglia di raccoglierli.
Ma quando li toccherete,
il pantano si aprirà sotto di voi
e vi afferrerà con le sue mani viscide.
Oppure, se sarete seduti sulle sponde del lago verso sera,
i ricordi affioreranno sulla superficie, all’inizio uno ad uno,
poi tutt’insieme in un turbinio,
con lo stesso calore e fulgore della luce del sole che si riflette sulle foglie di ninfea.
State all’erta! Il genio dell’acqua sta giocando con i vostri sentimenti.
Il lago rievoca il passato e il genio dell’acqua è in agguato.
Sa come è facile intrappolarci, abbagliandoci con riflessi incantati.
Da Trollskap – Theodor Kittlesen i tekst, tegninger og malerier.
Gyldendal Norsk Forlag, Oslo 1949
Bibliografia:
“Troll” Th. Kittelsen, N-W-Damn & Søn 2003
A. Roversi Monaco “I segreti delle cattedrali” De Vecchi ed.
Web. L’Araldo.htm “Theodor Kittelsen il pittore del sogno Nordico”.